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Alberto, architetto dell'Università gentile

Il 17 luglio 2013 presso l’aula magna di Architettura, il prorettore vicario prof. Adolfo Santini ha consegnato ad Alberto D’Angelo la medaglia ricordo dell’Università Mediterranea per l’esemplare e meritorio impegno dimostrato durante tutto il percorso universitario.

La cerimonia si è svolta a chiusura della seduta di laurea condotta dalla commissione – composta dai proff. G. Donin (pres.), V. Amadio, M. Arena, D. Colafranceschi, G. Ginex, A. Monaco e C. Trombetta – che ha seguito la discussione della tesi di Alberto D’Angelo dal titolo “Il parco della montagna del Taco a Tenerife” (rel. prof. Colafranceschi, correl. arch. Condurso) proclamandolo dottore in Architettura con la votazione di 110/110 e lode. La premiazione si è svolta dinnanzi ad un’aula magna gremita che, dopo aver applaudito i 13 nuovi dottori in architettura, ha tributato ad Alberto una interminabile ovazione.

Il 23 luglio il Magnifico Rettore, prof. Pasquale Catanoso, ha voluto ricevere Alberto e sua madre, Sara Katarivas, per consegnare personalmente il premio e testimoniare il sostegno e la stima della Mediterranea per un suo studente meritevole affetto da Sindrome di Asperger che con grande applicazione ed entusiasmo, è riuscito a laurearsi con il massimo dei voti.

Alberto D'Angelo e il Rettore



L’UNIVERSITÀ “GENTILE”


Chi era lì, il 17 luglio, è andato via sentendosi parte di un momento irripetibile: speciale come Alberto e il percorso della sua vita in cui ha imparato a convivere con i disturbi pervasivi dello sviluppo che la Sindrome di Asperger porta con sé; unico come la forza garbata e ostinata della madre che ci ha insegnato a vedere non una malattia ma un modo di essere; complesso come le radici di questa donna nata nella ex Jugoslavia da padre spagnolo e madre austroungarica, e come le sei lingue da lei parlate.

Nessun cerimoniere avrebbe potuto organizzare ciò che è successo in aula magna alla proclamazione di Alberto. Nessun cronometro avrebbe potuto segnare un applauso più lungo. Nessun invito ufficiale avrebbe potuto funzionare meglio del passaparola che ha richiamato molti dei docenti e del personale tecnico-amministrativo che hanno seguito Alberto in questi anni. La Mediterranea voleva esserci.

La mamma di Alberto è tornata l’indomani per ringraziare la nostra “Università gentile”. “Gentile” è una qualità che colpisce perché ci siamo abituati ad essere “valutati” e ad “autovalutarci”, a quantificare ricerca e didattica utilizzando criteri di efficienza e funzionalità. Sapere che una parte essenziale e non parametrizzabile del nostro lavoro contribuisce ad una “Mediterranea Gentile” aggiunge senso e completa tutto il resto.

È la Mediterranea che ringrazia l’impegno di Alberto e la dedizione di Sara.

Marina Arena
Delegata del Rettore per gli studenti diversamente abili e le fasce deboli

Reggio Calabria 25.07.2013


E questa è la lettera che Sara, la mamma di Alberto ha scritto alla Mediterranea

Avevo paura che Alberto non avrebbe mai finito la sua tesi di laurea, così pieno di risorse e desideroso di aggiungere le nuove cose appena scoperte. Così è stato anche stavolta. Se non fosse stata fissata la data, avrebbe continuato ad elaborarla per sempre. A tutti noi è successo di passare la notte “in bianco” lavorando, ma tre notti e tre giorni, avendo dormito come lui, solo sei ore, difficile che qualcuno resista.Alberto e Sara
Mio figlio, come sempre, non ha pensato che si doveva vestire elegante per l’esame di laurea, farsi la barba e tagliarsi i capelli. Se non ci fosse stato qualcuno a dirglielo, sarebbe andato vestito della prima cosa che trovava – pantaloncini corti, per esempio. E come per ogni esame: senza la “spinta” avrebbe ritardato enormemente o non si sarebbe presentato.

Il 17 luglio Alberto ha discusso in Aula Magna la sua tesi davanti a sette professori.
Non avrei mai immaginato che la Facoltà di Architettura gli avesse preparato una magnifica sorpresa, chiamandolo alla fine davanti a tutti per congratularsi con lui, consegnargli la medaglia e la pergamena dell’Università “Mediterranea”. Un gesto di grande umanità e alto riconoscimento con il quale Voi dimostrate quanto siete meravigliosi e quanto è grande il Vostro cuore – per aver dato la possibilità a un ragazzo un po' perso in questa vita di trovare la sua strada.

Mi rivolgo a tutti Voi che lavorate o lavoravate qui, perché avete dato fin dal primo momento, sempre piena comprensione, disponibilità, pazienza ed aiuto a uno studente un po' diverso che, anche se lento, vorrebbe seguirVi, per arrivare anche lui.
Avete riempito l’anima di una mamma con gioia. La mia gratitudine è immensa.

A proposito del suo lavoro, le dieci tavole, più una piccola di architettura del paesaggio, le ha realizzate completamente da solo, senza aiuto, guidato con tanta bravura dalla relatrice Colafranceschi e dal correlatore Condurso, sempre disponibili. Ammiro la loro precisione, l’alto livello di conoscenza, la correttezza e la capacità di stimolare Alberto a perfezionare sempre di più quello che faceva.

Pensando a quel bambino che da mattina a sera apriva e chiudeva la porta dell’armadietto senza sosta per mesi e mio padre che scuotendo la testa diceva con tristezza: “Non ho mai visto un bimbo così”… come sarebbe orgoglioso suo nonno se lo vedesse oggi!
Per riuscire a portare verso la nostra “normalità” un figlio, dobbiamo dargli tutto il nostro amore, stargli sempre accanto, seguirlo in ogni momento, insegnargli in continuazione, ripetendo - se necessario - in eterno, fino a quando alla fine percepisce o impara.
Shakespeare disse: “Come sono poveri quelli che non hanno pazienza”. Un esempio: ci sono voluti anni per riuscire, da dieci metri di distanza dal mare, a portare Alberto sulle spalle per nuotare. La gente mi rimproverava dicendo di non insistere perché aveva troppa paura dell’acqua. Dico: non arrendersi mai! Oggi Alberto adora il mare e nuota. Anche per quello ci sono voluti altri due anni. Non mi fermerò mai.

Ha dimostrato intelligenza superiore alla mia. È un grande osservatore e sa spiegare tante cose, come per esempio che si dovrebbero studiare più gli alberi, perché attraverso le radici saprebbero dirci quando verrà il terremoto.
Vorrei tanto potergli dare la possibilità di andare avanti, per essere utile all’umanità, che è lo scopo della nostra vita.

Sara D. Katarivas

Reggio Calabria 25.07.2013

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