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2 giugno Festa della Repubblica: l'intervento del prof. Antonino Spadaro alla cerimonia di Rosarno

2 giugno 2012

Rosarno

Festa della Repubblica

Articoli in rassegna stampa: CalabriaOra

Come delegato dell’Ateneo, porto innanzitutto il saluto e l’adesione integrale dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria alla festa della Repubblica. Nel programma è scritto “lezione del Prof. Spadaro”, costituzionalista, ma – essendomi concessi comprensibilmente solo 20 minuti – posso solo offrire qualche rapida riflessione su questa festa.

Lo Stato italiano esiste dal 1861: poco più di 150 anni. La Repubblica, com’è noto, dal 2 giugno del 1946: 66 anni. in confronto alle altre grandi Nazione europee (Francia, Inghilterra, Spagna), lo Stato italiano – come la Germania, il cui processo di unificazione nazionale è stato tardivo (intorno alla Prussia) – nasce tardi (intorno al regno del Piemonte). Un’esperienza – quella della monarchia sabauda che ha unificato l’Italia – che, poiché ha convissuto ingnominiosamente col ventennio fascista (basti pensare al disastro della guerra, alle leggi razziali contro gli ebrei, alla cancellazione delle libertà), non poteva che concludersi come si è conclusa il 2 giugno del 1946, quando gli italiani – dopo una sanguinosa guerra civile e la Resistenza ai nazifascisti, che ha riscattato l’onore dell’Italia – scelsero definitivamente, con un referendum istituzionale, la Repubblica.

Si tratta, in fondo e a ben vedere, di una Repubblica dal punto di vista storico molto giovane, avendo poco più di 65 anni, che però segna una cesura, una soluzione di continuità, una rottura profonda, non solo nei confronti del ventennio fascista, ma anche rispetto al precedente Stato liberale. La Repubblica Italiana, infatti – grazie alla Costituzione che entra in vigore due anni dopo il 2 giugno 1946, il 1 gennaio 1948 – dà vita a uno Stato sociale costituzionale, nel solco della tradizione universale del costituzionalismo liberaldemocratico e personalista. Si tratta di uno Stato che, accanto alle libertà classiche (associazione, riunione, circolazione, manifestazione del pensiero, ecc.), tutela e cerca di garantire i c.d. diritti sociali (o del Welfare): sciopero, attività sindacale, assistenza, previdenza, istruzione, salute, ecc. Inoltre, a differenza del vecchio Statuto albertino del 1848 – che era una Carta graziosamente concessa, octroyée, dal re – la Carta costituzionale italiana è una Costituzione “convenzionale”, frutto dell’incontro storicamente mirabile fra tre grandi correnti politico-culturali (quella cattolico-personalista, quella socialista/comunista e quella liberale), che ha dato vita a una nuova “etica pubblica costituzionale” non elitaria come quella del vecchio Stato liberale, ma popolare, avanzata e pluralista, immaginando insieme una società e uno Stato aperti alle sempre nuove esigenze degli individui, ma anche fermi nelle istanze pubbliche di socialità/solidarietà . Questa etica pubblica costituzionale è più precisamente una meta-etica pubblica “laica”, che cioè non sposa una particolare etica preesistente (cattolica, socialista, ecc.), ma rende possibili tutte le altre etiche individuali e collettive, vincolandole a una stessa, felice cornice assiologica da tutti condivisa. La Costituzione italiana, soprattutto nella sua prima parte è davvero, dunque, una tavola dei valori comuni, un accordo fondamentale sulle principali regole del gioco politico e un sistema di limiti giuridici superiori. Naturalmente essa, come tutte le umane cose, può essere perfezionata e riformata in melius, ma nel suo nucleo assiologico di fondo resta una delle migliori e attuali Carte del mondo.

Oggi – in questo tempo di crisi finanziaria ed economica globale, ma in particolare europea, che vede l’Italia in gravissime difficoltà, per l’uso incontrollato, nei decenni passati, della spesa pubblica (possiamo proprio parlare di sperpero di danaro pubblico e – più che di Stato sociale – di Stato assistenziale) – sembra quasi che l’unica cifra per leggere la realtà sia quella del declino, del pessimismo, della rassegnazione. In particolare, nell’Italia meridionale, e segnatamente in Calabria – terra meravigliosa per risorse naturali e soprattutto umane, ma anche segnata dal marchio infame della criminalità organizzata, dalla ‘ndrangheta (che è il primo, vero cancro della nostra Regione) – questa rassegnazione rischia di diventare insopportabile, soffocante, mortale.

Ora, è senz’altro vero che esiste una grave crisi finanziaria ed economica, ma l’Italia ha in sé le risorse e gli anticorpi per reagire: se ci rimbocchiamo tutti le maniche, supererà anche questa prova. Così, è vero che la ‘ndrangheta è forte e soffocante, ma lo Stato italiano, la Repubblica italiana, è più forte dei criminali che infangano le nostre terre. Anche questo cancro – che già ha ricevuto durissimi colpi (con migliaia di arresti e sequestri/confische di beni per centinaia di milioni di euro) – verrà debellato. Naturalmente, lo smantellamento della criminalità organizzata non avverrà di botto, richiederà una diretta partecipazione di tutti i cittadini (oltre alle forze dell’ordine e alla magistratura) e presenterà sicuramente dei costi, anche sociali, non trascurabili. Ma riusciremo a scrollarci di dosso, come calabresi, questo marchio infame della ‘ndrangheta. Certo, lo Stato, la Repubblica – che oggi festeggiamo – dovrà manifestare tutta la sua forza, più di quanto già non abbia fatto: se occorre, anche attraverso lo scioglimento dei Consigli comunali (e attraverso ogni altra forma di commissariamento prevista: in teoria l’art. 126 della Cost. prevede anche lo scioglimento del Consiglio regionale, ma speriamo non si verifichi). La Calabria vanta un triste primato in questo senso: dei Consigli comunali sciolti per mafia in tutt’Italia, circa ¼ si è avuto in Calabria. In particolare, ben 28 sono stati fatti in Provincia di Reggio Calabria (e non è escluso, come sapete, che ora venga sciolto, sia pure per questioni legate alla crisi finanziaria – caso Fallara – anche il Comune di Reggio Calabria). La cosa più grave è che, in molti casi (Melito P.S., Roccaforte del Greco, Seminara, Gioia Tauro, Rosarno, San Ferdinando, Taurianova) lo scioglimento addirittura è avvenuto più di una volta [cfr. le molte intercettazioni dei sindaci e consiglieri eletti del reggino, vincolati ai capibastone locali, che procurano voti: P. Angelosanto, Com. prov. Arma Carabinieri RC].

Lo Stato, la Repubblica, dunque, non è ferma, non sta a guardare. È in prima linea e combatte. E ciascuno cittadino, ciascun calabrese – insieme ai non calabresi e ai non cittadini, agli immigrati che sempre più sono presenti nella nostra terra (e qui nella Piana ce ne sono tanti) – dovrà fare la sua parte contro le associazioni criminali che disonorano il nome della Calabria e dell’Italia intera. Non sarà facile, avrà un costo umano e sociale, ma ce la faremo.

Perché questo ottimismo, oggi, festa della Repubblica?. Per dirla con Gramsci, si tratta dell’ottimismo della volontà, che accompagna il pessimismo dell’intelligenza. Non è, quindi, un ottimismo di retorica, di maniera, ma fondato sulla certezza che l’Italia, e la Calabria, hanno risorse per affrontare i mali che ci affliggono. Non è dunque irragionevole la speranza di un riscatto, di una riscossa della Calabria e di una ripresa dell’Italia. La stessa nostra storia recente ce lo dice. Non dobbiamo dimenticare che in questi 66 anni di Repubblica il nostro Paese ha subito, affrontato e vinto molti mali, molte sventure, da cui sembrava non saremmo più usciti: reiterate crisi economiche, innumerevoli crisi politiche, una continua crisi etica, stragi, la virulenza del terrorismo, la follia di tendenze egoistiche e secessionistiche, ecc. Per affrontare questi problemi hanno dato la vita tanti servitori dello Stato – membri delle forze dell’ordine, magistrati, docenti universitari, funzionari dello Stato, operai, oscuri cittadini – ma non è stato invano. Permangono gravi difficoltà, ma la Repubblica italiana e la sua Costituzione, che nella sua prima parte mantiene un nucleo duro di valori fondamentali di perenne attualità, hanno retto all’urto di queste sventure storiche.

Proprio grazie ai valori costituzionali prima richiamati – di sostegno ai più deboli, di decentramento territoriale, di tolleranza e pluralismo, di libertà, di uguaglianza, di giustizia sociale, di solidarietà – la Repubblica italiana, sia pure a caro prezzo, ha retto e reggerà ancora. Forti di questo nostro passato, senza sottovalutare la portata dei problemi che ci attendono, dobbiamo quindi essere pieni di speranza nel futuro.

È con questo spirito – qui, da Rosarno, in questo meraviglioso giardino della Piana, dal cuore della Calabria, che è un pezzo dell’Europa – che possiamo dire, senza scadere nella retorica, ad alta voce: viva l’Italia! Viva la Repubblica!

Antonino Spadaro, Università Mediterranea di Reggio Calabria

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